
(site)
Le pratiche cromoterapiche erano note fin dall'antico Egitto: la mitologia egiziana assegna al dio Thot la scoperta della cromoterapia. Secondo la tradizione ermetica, sia gli Egizi che i Greci facevano utilizzo di minerali, pietre, cristalli e unguenti colorati, oltre a dipingere le pareti stesse dei luoghi di cura.
I Greci associavano i colori agli elementi fondamentali (aria, fuoco, acqua e terra) e questi ai quattro "umori" o "fluidi del corpo": la bile gialla, il sangue (rosso), il flegma (bianco) e la bile nera, a loro volta prodotti in quattro organi particolari (la milza, il cuore, il fegato e il cervello). La salute era considerata risultante dell'equilibrio di questi elementi, mentre la malattia ne era lo sbilanciamento. I colori, così come erano associati agli umori, venivano anche utilizzati come trattamento contro le malattie.
Il filosofo arabo Avicenna ((il nome corretto è "Abuali Sina" che è stato trasformato nelle lingue europee in Avicenna, era iraniano (persiano) e non era arabo)), che sosteneva che "il colore è un sintomo osservabile della malattia", creò una carta che metteva in relazione i colori con la temperatura e la condizione fisica del corpo (ad esempio, secondo Avicenna, il rosso faceva scorrere il sangue ed era perciò sconsigliato in caso di ferite o emorragie, mentre il blu lo "raffreddava" e favoriva la coagulazione).
In India la medicina ayurvedica ha sempre tenuto conto di come i colori influenzino l’equilibrio dei chakra, i centri di energia sottile associati alle principali ghiandole del corpo. Anche i Cinesi affidavano il proprio benessere fisico all’azione dei vari colori: il giallo rimetteva in sesto l’intestino, il violetto arginava gli attacchi epilettici. In Cina, addirittura, le finestre della camera del paziente venivano coperte con teli di colore adeguato e gli indumenti del malato dovevano essere della stessa tinta.
Dopo alterne fortune nel Medioevo, con l'avvento dell'Illuminismo la cromoterapia, che non possedeva riscontri scientifici, fu declassata a pseudoscienza, anche se le terapie ad essa legate continuarono ad essere praticate. Le prime testimonianze moderne risalgono Augustus J. Pleasanton, generale americano che nel 1871 pubblicò il libro The influence of the blue ray of the sunlight and the blue color of the sky (L’influenza del raggio blu del sole e del colore blu del cielo) nel quale sosteneva la propria convinzione, maturata dieci anni prima, che la luce del Sole, filtrata attraverso vetri blu, acquistava proprietà curative (il libro stesso fu stampato su carta blu). Secondo idee simili, il dottor Seth Pancoast di Filadelfia pubblicò nel 1877 un libro dal titolo Blue and red light, stampato in caratteri blu su carta bianca con bordo rosso, sostenendo che entrambi questi colori avevano una loro specificità terapeutica. Nel 1878, l'americano Edwin Babitt pubblicò il suo libro The principle of Light and Color, che ebbe diffusione mondiale e pose la prima pietra per la moderna cromoterapia.
In anni più recenti, nel 1920, il colonnello indiano Dinshah Pestanji Framji Ghadiali inventò la "spettrocromoterapia", una terapia che prevedeva per ogni patologia l'utilizzo di luci di colori diversi, unite a prescrizioni dietetiche. Ghadiali, che operò negli Stati Uniti per oltre trent'anni (durante i quali venne anche coinvolto in diversi processi con l'accusa di truffa), costruì lo "spettrocromo", una macchina che consisteva in una forte sorgente luminosa davanti alla quale potevano essere inseriti filtri colorati. Egli pubblicò anche una voluminosa enciclopedia in tre volumi dal titolo Spectro-Chrome Metry Encyclopedia e il periodico mensile dal titolo Spectro-Chrome.
Un predecessore meno discusso del precedente fu il danese Niels Finsen, pioniere della ricerca sulla luce, che scoprì e mise a punto nel 1893 una tecnica per curare le cicatrici da vaiolo tramite esposizione alla luce rossa. Finsen aprì la strada a studi medici sui reali effetti della luce colorata sul corpo umano, e ricevette il premio Nobel nel 1903 per le sue scoperte sulla fototerapia nella cura della tubercolosi. (fonte wikipedia)
C'è chi ci crede...
Sicuramente non fa male...
Non è un bel periodo...
Ho bisogno di un poco di cromoterapia...
I Greci associavano i colori agli elementi fondamentali (aria, fuoco, acqua e terra) e questi ai quattro "umori" o "fluidi del corpo": la bile gialla, il sangue (rosso), il flegma (bianco) e la bile nera, a loro volta prodotti in quattro organi particolari (la milza, il cuore, il fegato e il cervello). La salute era considerata risultante dell'equilibrio di questi elementi, mentre la malattia ne era lo sbilanciamento. I colori, così come erano associati agli umori, venivano anche utilizzati come trattamento contro le malattie.
Il filosofo arabo Avicenna ((il nome corretto è "Abuali Sina" che è stato trasformato nelle lingue europee in Avicenna, era iraniano (persiano) e non era arabo)), che sosteneva che "il colore è un sintomo osservabile della malattia", creò una carta che metteva in relazione i colori con la temperatura e la condizione fisica del corpo (ad esempio, secondo Avicenna, il rosso faceva scorrere il sangue ed era perciò sconsigliato in caso di ferite o emorragie, mentre il blu lo "raffreddava" e favoriva la coagulazione).
In India la medicina ayurvedica ha sempre tenuto conto di come i colori influenzino l’equilibrio dei chakra, i centri di energia sottile associati alle principali ghiandole del corpo. Anche i Cinesi affidavano il proprio benessere fisico all’azione dei vari colori: il giallo rimetteva in sesto l’intestino, il violetto arginava gli attacchi epilettici. In Cina, addirittura, le finestre della camera del paziente venivano coperte con teli di colore adeguato e gli indumenti del malato dovevano essere della stessa tinta.
Dopo alterne fortune nel Medioevo, con l'avvento dell'Illuminismo la cromoterapia, che non possedeva riscontri scientifici, fu declassata a pseudoscienza, anche se le terapie ad essa legate continuarono ad essere praticate. Le prime testimonianze moderne risalgono Augustus J. Pleasanton, generale americano che nel 1871 pubblicò il libro The influence of the blue ray of the sunlight and the blue color of the sky (L’influenza del raggio blu del sole e del colore blu del cielo) nel quale sosteneva la propria convinzione, maturata dieci anni prima, che la luce del Sole, filtrata attraverso vetri blu, acquistava proprietà curative (il libro stesso fu stampato su carta blu). Secondo idee simili, il dottor Seth Pancoast di Filadelfia pubblicò nel 1877 un libro dal titolo Blue and red light, stampato in caratteri blu su carta bianca con bordo rosso, sostenendo che entrambi questi colori avevano una loro specificità terapeutica. Nel 1878, l'americano Edwin Babitt pubblicò il suo libro The principle of Light and Color, che ebbe diffusione mondiale e pose la prima pietra per la moderna cromoterapia.
In anni più recenti, nel 1920, il colonnello indiano Dinshah Pestanji Framji Ghadiali inventò la "spettrocromoterapia", una terapia che prevedeva per ogni patologia l'utilizzo di luci di colori diversi, unite a prescrizioni dietetiche. Ghadiali, che operò negli Stati Uniti per oltre trent'anni (durante i quali venne anche coinvolto in diversi processi con l'accusa di truffa), costruì lo "spettrocromo", una macchina che consisteva in una forte sorgente luminosa davanti alla quale potevano essere inseriti filtri colorati. Egli pubblicò anche una voluminosa enciclopedia in tre volumi dal titolo Spectro-Chrome Metry Encyclopedia e il periodico mensile dal titolo Spectro-Chrome.
Un predecessore meno discusso del precedente fu il danese Niels Finsen, pioniere della ricerca sulla luce, che scoprì e mise a punto nel 1893 una tecnica per curare le cicatrici da vaiolo tramite esposizione alla luce rossa. Finsen aprì la strada a studi medici sui reali effetti della luce colorata sul corpo umano, e ricevette il premio Nobel nel 1903 per le sue scoperte sulla fototerapia nella cura della tubercolosi. (fonte wikipedia)
C'è chi ci crede...
Sicuramente non fa male...
2 commenti:
mi sento meglio....
molto meglio
miky
Certo... la terapia funziona...
Lucy
Posta un commento